Corto circuito Foggia. L’inatteso fuori giri. La serie positiva interrotta e lo spettro dei ricordi bui e tempestosi che riaffiora. Tutto ci si poteva attendere fuorché una prova così scialba dei rossoneri contro un Team Altamura dai contenuti tecnico-atletici non certo elevati. Tante assenze da entrambe le parti ma francamente la povertà espressiva “ammirata” allo Zaccheria nel pomeriggio della Befana è stata frustrante. Ebbrezza da panettone? Giustificazione semplicistica e tradizionalmente scontata. L’insidia della ripartenza dopo la sosta? Altro cliché inappropriato vista la brevità della pausa.
Solo carbone nella Calza, dunque! Meritato. Perché – banalmente – il Foggia non è stato all’altezza. La partita è stata decisa dagli episodi. Lapalissiano. C’era un rigore sesquipedale per i satanelli. Insindacabile. Del resto, fuggire da questa categoria significherebbe – tra le altre cose – potersi avvalere in casi simili del supporto VAR. Questo, però, è detto solo per inciso e per una corretta informazione. La sostanza dell’analisi – infatti – non cambia. Resta il pallore di un’esibizione modesta, qualitativamente e soprattutto emozionalmente. Ritmo scadente e aggressività melliflua. La voglia di “azzannare l’avversario” latente e un progetto di gara interpretato senza la necessaria carica adrenalinica.
In questa partita – secondo noi – un obiettivo era prioritario, a parte la canonica ricerca dei tre punti. Fare un passo in avanti! Zauri aveva gettato, a fatica ma con dedizione, le fondamenta del “suo” Foggia. Lo aveva liberato prima dalle angosce di classifica, poi gli aveva restituito quel pizzico di convinzione per guardare con ottimismo al futuro. Ci era riuscito, saggiamente, blindando innanzitutto la porta. Alzando il ponte levatoio di un castello che sino al suo avvento era stato troppo spesso invaso e saccheggiato. Aveva ridato fiducia a un pacchetto arretrato “scherzato” con facilità nelle precedenti gestioni. Un lavoro ben fatto, senza dubbio! Equilibrio e concretezza erano stati messi al servizio di una risalita non vertiginosa ma costante. I rossoneri professavano attenzione, “predicavano” un sistema capace di limitare le sortite avversarie, con una lettura sempre meticolosa del confronto in fase difensiva.
Scacciati i fantasmi, però, contro l’undici di Di Donato (una sentenza quando si presenta allo Zaccheria!) occorreva salire un altro gradino. Pensare dominando e dominare pensando! Imporre la legge del più forte con ferocia ma disegnando anche trame di gioco finalmente brillanti e ariose. Ebbene, a nostro opinabilissimo giudizio, il Foggia è mancato proprio in questo. Forse ancora non è pronto a cambiare regime. La confusione di dettami tattici agli antipodi (da Brambilla a Capuano, passando per gli “interini”…), probabilmente, è a tutt’oggi un fattore. Una cosa è certa: quello scatto di pressione offensiva, di movimenti più fluidi alla ricerca del varco giusto non ci è parso di vederlo. Alcuni giocatori erano fuori ruolo, vero, si sono impegnati e hanno provato a riempire con la corsa i vuoti di dettagli tecnici piuttosto approssimativi. Contro una formazione altamente rabberciata e al netto di “attenuanti generiche” sempre valide era comunque lecito aspettarsi di più, molto di più.
L’opaca performance con l’Altamura, peraltro, non deve far ripiombare il popolo rossonero nel suo atavico e ondivago pessimismo. Lo sforzo sinora sostenuto è stato lodevole e pure fruttuoso. Ora serve una scintilla. Il mercato deve aiutare. Il primo passo: un regista puro, sagace, illuminato. In alternativa un centrale che sappia articolare un avvio di manovra minimamente costruttivo. Il resto, dopo… Ma pure questo è solo il pensiero, magari non condivisibile, di chi vi scrive. Spetterà al DS Leone e al tecnico Zauri stabilire le priorità e puntare sui profili più adatti. È il loro mestiere. Il nostro è quello di osservare e valutare. Con occhio sempre critico ma non ideologico. Perché è così che si costruisce una solida credibilità, la merce più preziosa per chi prova a fare al meglio il nostro mestiere!