Aspettavamo una risposta. Non è arrivata. Si sono al contrario accentuati i dubbi. Il cartellino giallo sventolato “virtualmente” alla squadra dopo lo 0-0 di Latina sintetizza la «cifra dell’indecifrabile» che avanza. Siamo appena all’alba, sia chiaro. Processi non se ne fanno. Tantomeno si emette una sentenza di condanna. Solo svolazzanti considerazioni in libertà, suggerite dai rivoli sotterranei di un confronto, quello del Francioni, che si è chiuso nella mestizia di una sufficienza vagamente striminzita. Qualche certezza, è inevitabile, si sta progressivamente sgretolando.
In sostanza, non sappiamo cosa sia il Foggia oggi. Un cantiere aperto? Banale e un po’ lapalissiano. La considerazione, infatti, è allargabile a tutte le compagini di serie C. Quale formazione non è “working progress” in questo inizio di torneo? Chi è già granitico nella sua struttura tecnico-tattica? Nessuno, appunto! E allora cerchiamo di andare più in profondità. Il complesso ci pareva (e non abbiamo cambiato idea!) promettente. C’era (e c’è) un’idea positiva di football da valorizzare grazie ad interpreti importanti e a elementi vogliosi di rifarsi una “verginità” atletica dopo le “iatture” fisiche del recente passato. Il talento è certificato ed è arrivato un tecnico giovane (nei suoi trascorsi in Lega Pro) ma sicuramente pragmatico. I presupposti erano (e restano perché siamo soltanto alla 4ª giornata) incoraggianti, però la costruzione di una classifica consona – quella cioè che non obblighi poi a rincorse forsennate e sfibranti – è stata sinora faticosa. Una crescita farraginosa, alcune lacune manifeste, una coperta che rischia di diventare sempre corta, il dimenarsi quasi filosofico tra equilibrio e sfrontatezza, tra attacco e difesa, tra responsabilità e leggerezza.
Il mercato a doppia velocità (quasi inevitabile – peraltro – in una categoria in cui si vive spesso di occasioni “last minute”) ha penalizzato l’assemblaggio di un gruppo dalle grandi potenzialità ma dalle diverse anime, con espressioni tecniche molto eterogenee. Un esempio? La squadra si è allenata per Santaniello ma gioca con Murano. E non per imposizione di nome o peso economico, ma perché l’ex bomber del Picerno è forse l’unico attaccante in rosa ad avere ben oltre la doppia cifra nelle corde. Occorre però rifornirlo in maniera adeguata. A Latina abbiamo visto che Murano non ha la propensione a rientrare verso la metà campo, a raffinare palloni per esaltare la fluidità magmatica dei trequartisti di Brambilla. Il lavoro di raccordo in cui Santaniello è maestro non gli appartiene. Le battaglie aeree sono il suo terreno di caccia. Il tecnico dovrà quindi modulare le proposte offensive alternando tagli e sovrapposizioni che si concretizzino in cross per le zuccate prepotenti o le sponde volanti del suo numero 9. C’è da lavorare su meccanismi e profondità, quella che a Picerno il buon Jacopo esplorava con successo. C’è bisogno di prove ripetute per aumentare conoscenza e intesa. Ma soprattutto, c’è la necessità di recuperare al più presto Vincenzo Millico.
Il nostro pensiero al riguardo è chiaro, forse anche troppo netto: senza il talento “hors catégorie” del capitano, le ambizioni dei rossoneri diminuiscono radicalmente! L’infortunio è alle spalle. Mancano minuti sulle gambe. Questo è evidente. Il ragazzo però – a nostro avviso – non dà l’impressione di essersi ancora preso il Foggia. Qualche accenno di nervosismo al Francioni quando il gioco si sviluppava quasi esclusivamente sull’out destro, la voglia di spaccare il mondo senza poterlo ancora fare. Sono impalpabili segnali di momentaneo disservizio di un carisma indiscutibile.
“Tutti per Vincenzino, Vincenzino per tutti”, scrivevamo qualche mese fa quando la salvezza dei satanelli si stava costruendo sulla genialità del “pibe” torinese. Oggi, l’impianto di squadra è sostanziosamente più solido, la qualità alberga anche nei piedi dei vari Felicioli, Gargiulo, Zunno, Emmausso, Orlando, Danzi, Da Riva. Millico, però, è “altra cosa”. È perla rara. È diferenciado. È la cartolina regia del Foggia. È l’estro che può cambiare le sorti delle partite! Purché – però – il «10» di Brambilla ritrovi lo sguardo del bambino e il piglio del leader. E – cosa più importante – si riappropri del gusto di essere un insostituibile!