Foggia calcio, l’imperativo è salvare la categoria

I giocatori del Foggia in cerchio dopo la sconfitta contro il Latina (foto: Antonello Forcelli)

Salvare la categoria. Molto più che un dovere sportivo. Un imperativo categorico in una città intossicata dai fumi dell’oscurantismo. Mantenere la Lega Pro per non chiudere i rubinetti alla speranza. Che un giorno, il corso della storia cambierà. Il Foggia arranca, scivola dal girone degli “ignavi” al profondo dell’Ade o dello Sheol. Il catino di Francavilla ha mandato altri segnali inquietanti. Placato l’”istinto difensivo” suicida dell’era Coletti-Vacca, che pure non è svanito del tutto (il gol di Artistico ha una quota parte di responsabilità di Carillo e compagni nella cattiva lettura dell’azione virtussina!), si è riproposto un tipico difetto da ancient régime cudiniano, ovvero l’assoluta inadeguatezza dell’apparato realizzativo rossonero. L’assenza dell’ultima ora di Santaniello e la squalifica di Embalo hanno certo influito sui destini beffardi di avanti incapaci di ruggire sotto porta, però la disabitudine a gonfiare la rete sta diventando quasi endemica. Cronicamente angosciante. Definitivamente preoccupante!

Il mister di Porto S’Elpidio ha chiesto e ottenuto una rivoluzione. Sacrosanta per uno che si è sentito tradito, tremendamente rischiosa se invece si considera il tempo necessario per amalgamare un gruppo radicalmente nuovo (seppur scevro dai condizionamenti mentali che erano evidenti nei commilitoni della precedente truppa!). Occorrerà dunque essere spregiudicati e immediatamente reattivi nell’apprendimento di schemi e sistemi. Ci sarà inoltre – e forse soprattutto! – bisogno di una cascata di ruvido orgoglio. Gli ultimi arrivati non hanno colpe, è ovvio… ma sarà loro dovere dare seguito alle scolastiche dichiarazioni sulla conoscenza della piazza (calda e appassionata) rilasciate al momento della firma. Parole di legittima circostanza alle quali però vanno fatti seguire intensità, professionalità e dedizione.

Dal canto suo, la società – chiuso il mercato – dovrà vigilare e partecipare attivamente al cambiamento di rotta. Di errori ne sono stati fatti. Tanti, ripetuti. Il susseguirsi quasi anarchico di tecnici, dirigenti e collaboratori (a proposito: facciamo un sincero “augurio” a Carlo Ricchetti entrato nello staff tecnico rossonero come allenatore in seconda) negli ultimi due anni non depone a favore della chiarezza d’idee o di una continuità nel progetto (almeno teorico). Cosa la proprietà del Foggia vorrà fare da grande – speriamo – verrà illustrato alla collettività rossonera più avanti. Ora l’unico obiettivo è preservare un patrimonio. Che non è quello puramente legato al campionato federale di pertinenza ma è costituito dalla passione della gente di Foggia. Dal suo senso di appartenenza. Dalla simbiosi con la squadra (da cui molti – peraltro – già non si sentono più rappresentati). Dalle emozioni in purezza che sgorgano ogni volta che si salgono i gradini dello Zaccheria!

Per questo serve un’insurrezione d’amore! Già a partire dal confronto con il “munifico” Catania di Pelligra e Lucarelli, una delle delusioni (se non la delusione!) del torneo visti i denari investiti. L’epopea degli scontri dialettici tra “pro” e “contro” va rimandata. L’unico porto sicuro dei satanelli è il suo popolo. Che schiuma rabbia e inonda i “social” di delusione. Ma che può, anzi ci permettiamo di dire «deve», essere il traino di una squadra a un passo dal baratro. Risposte dal campo e tanto cuore sugli spalti: non c’è altra ricetta per uscire dal tunnel. Toccherà ancora una volta ai tifosi del Foggia sobbarcarsi l’onere di essere presenti, a prescindere. Come il mio amico Pasquale, da sempre “appostato” lì in curva. Lui c’era con Potenza, Cerignola, Crotone e Pescara (omettiamo il Lecco per un insindacabile diritto all’oblio!) nei playoff dell’impossibile e c’è stato pure nell’ultima casalinga con l’Avellino, nella notte dell’umiliazione, del freddo e dei presagi tenebrosi…