La stagione in una partita. La scorsa, non la prossima… Il derby è andato in archivio a fari spenti. Come la luce rossonera! Black out. Uno shock anafilattico causato dall’intimità con un campionato surreale. Chissà – forse – ha davvero ragione il mio amico Pasquale quando vorrebbe chiudere il torneo 2023/24 nella «triste» cornice di Teramo, in casa (neanche tanto…) del piccolo Monterosi. Che poi a noi ricorda – ineluttabilmente – una delle pagine più nere della recente storia del Foggia. Con Somma a portata di… trolley, seduto ben prima di giocarsela al “gate partenze” del Gino Lisa, e un branco di amorfe comparse in campo. Sarebbe poi arrivato Delio Rossi a mutare i destini già scritti di quel gruppo capace di “arringare la folla” e giungere a un «Bonacina» (con la gentile compartecipazione di qualche “attore” non protagonista!) dalla promozione.
L’Audace ha vinto ancora. Ha colpito schierando un apparato bellico addestrato in Capitanata. Millico non c’era. La “magia” di Potenza non si è ripetuta. Vincenzino è tanta roba! È la strafottenza del pensiero unico. Il calcio è talento irresponsabile. Non se ne può fare a meno. Quando Sandokan guidava l’assalto, i tigrotti di Mompracem diventavano famelici! L’infortunio dell’ex Toro (dalle dinamiche e dall’evoluzione piuttosto singolari!) è l’ultimo scherzo di un’annata “indecifrabile”! Lo scontro grottesco tra Ercolani e Riccardi è il ricordo della voragine aperta dagli stop di Marzupio e Carillo, che in coppia non erano per nulla male. La progressiva eclissi di Schenetti ha rappresentato – con ogni probabilità – l’atto finale di un amore mai sbocciato realmente tra la classe del trequartista e la sua capacità di essere leader. E poi ancora l’opaca gestione dei cambi, l’evaporazione di Rolando e Gagliano, il graffio di Antonacci (uno dei migliori, e questo non è un segnale positivo, perché quando un gregario fa la volata al posto del velocista c’è qualcosa da rivedere nella strategia di squadra!) e il corto circuito di Tascone e Odjer, sulle cui robuste spalle si era appoggiata la rimonta rossonera dei mesi scorsi.
Il cammino sta terminando. I calcoli li lasciamo a chi fa dell’aritmetica il suo mestiere. Vincere o perdere per agganciare la post season è argomento che non ci attira. Si entra sul tappeto verde per fare il massimo. Sempre e comunque. Per onorare la maglia, per costruire emozioni. Il frullatore di vicissitudini stagionali ha mischiato gioie (poche) e dolori (molti e di diversa intensità). L’obiettivo minimo (che a un certo punto – però – era diventato massimo!) è stato centrato grazie a una rincorsa che – alla fine – ha appesantito i “garretti” dei giocatori e la leggerezza di un afición tornata con devozione a popolare lo Zaccheria nella serata del derby. Lo sguardo perplesso rivolto al futuro, la sensazione d’impoverimento dei sogni…
Un flash di speranza, in verità, c’è stato. Quella firma in ospedale. Era solo l’esercizio di un’opzione, è vero. Un puro rafforzamento del potere contrattuale di fronte alle offerte che potrebbero essere recapitate dalle parti di via Gioberti. Che abbia riguardato – comunque – Vincenzo Millico è un segnale quantomeno incoraggiante. Un punto fermo in un crogiuolo d’incertezze. Si dovrà ripartire da chi alimenta passioni e sostiene con le sue caratteristiche un progetto che – senza “se o ma” – dovrà essere stavolta vincente. Torneo “dignitoso”? No grazie, abbiamo già dato.
Che poi si voglia sfidare il mondo con un nuovo playoff d’assalto, questo ci può pure piacere come disegno virtuoso. Anche se l’impressione è che l’onda lunga di una “mistica” insurrezionale si sia esaurita. Che la montagna eventualmente da scalare sia troppo impervia per le scarne energie rimaste (almeno per quanto visto con il Cerignola). Che a crederci siano in pochi. Che la novità di un signor Rossi che può sparigliare le carte in tavola non ci sia. In sintesi, che la salvezza sia già abbastanza per una compagine troppo provata dagli eventi per “regalare” ai tifosi onirici pensieri. Solo impressioni, per carità… che saremmo felici fossero smentite dai fatti. Intanto la gente è scettica e s’interroga. L’unica consolazione appare quella di addormentarsi nei ricordi. Era il 23 aprile 2017, il giorno della nemesi. Io c’ero. E mica dimentico…