Foggia calcio sospeso tra presente e futuro…

Sospeso tra presente e futuro. Tra l’elettricità di un Brugo “zanzarato” e la lontananza di una proprietà oramai in “rottura prolungata” con l’ambiente. Il Foggia mastica incertezza. Non è una novità a queste latitudini, sia chiaro. Tutto il contrario. Rappresenta una mefistofelica (o quasi!) consuetudine. I tempi del football di Capitanata, infatti, sono periodicamente scanditi dall’insostenibile leggerezza del patire. Come se all’articolo 1 della Costituzione del “satanello” ci fosse scritto: il Foggia è una repubblica pallonara fondata sulla sofferenza!

Il campo intanto ha parlato, regalando spiccioli d’illusione. Due partite interne, quattro punti. Un bottino «didascalico» (vittoria con il Latina; pari con il Benevento), considerando il peso degli avversari affrontati allo Zaccheria. Sono arrivate due prestazioni incoraggianti, a tratti godibili, addirittura sbarazzine nello sviluppo dei temi proposti. I soliti errori ma anche qualcosa di nuovo… L’immediato si colora di verde. Questo il percorso indicato dal mercato. Il saluto a Millico è stato paradigmatico. Ha rappresentato i titoli di coda di un film che alla fine non è stato mai proiettato. L’idea era costruire una formazione a misura del pibe sabaudo, al quale era stata consegnata pure la fascia da capitano. Non è andata così. La scintilla non è “scoccata”, è stato rimandato all’infinito quell’incontro di “amorosi sensi” che i colpi geniali del passato torneo avevano fatto immaginare. 

Ecco allora che l’immaginario ansioso (di rimirar le stelle!) del popolo foggiano è stato colpito dalle movenze leggere e sinuose del ragazzino, il Brugo, gettato nella mischia per infastidire la Strega di Auteri, enormemente imbolsita ma “imprevedibilmente” avanti nel punteggio. La stoffa c’è, gli eccessi nei giudizi (altro marchio di fabbrica locale!) pure. Calma e sangue freddo. Con un avviso ai naviganti: se prendi i giovani, poi vanno fatti giocare. Ma siamo convinti che mister Zauri lo farà. Del resto, ha sposato la nuova linea tecnica e magari – grazie alle “pulsioni” adolescenziali – la squadra ritroverà quegli entusiasmi sin qui decisamente sopiti.

Siamo dunque entrati per vie traverse nell’affaire società. Nel futuro che non c’è. Nell’orizzonte di un tempo, due tempi o forse poco più! La programmazione è limitata al torneo in corso. La volontà di cedere del patron Canonico sembra granitica. La contestazione lo ha scosso, i risultati negativi rabbuiato! La decisione appare dunque irrevocabile! La svolta che molti auspicano, però, non è dietro l’angolo. Perché – ammettiamolo – Foggia non è più (se mai lo sia stata!) piazza che scatena famelici appetiti imprenditoriali! Il suo tesoro, l’unico, che mai perderà valore, è la sua gente. La gente del Foggia. Quella moltitudine – oggi per lo più imboscata! – di persone che fondono atomicamente lo spirito “tafazziano” con l’amore sconfinato per i propri colori. Al netto di ciò, però, il contorno è desolante. Le strutture sono inesistenti, i lacci burocratici sostanziosi. Ma soprattutto, il territorio non si è dimostrato (almeno sinora) “attraente” per chi vuole investire. La speranza di vedere un giorno planare uno «sceicco» (tradotto: “signore con tanti denari”!) in Capitanata si configura quindi – al momento – appena come un attentato alla logica e all’equilibrio cerebrale! E allora? L’unica cosa che per ora ci auspichiamo è di non assistere di nuovo allo snervante balletto della primavera scorsa.

Chi c’è – se c’è (e non cerca solo uno spot pubblicitario pagato dalla passione dei foggiani!) – batta un colpo! Altrimenti resti in silenzio. Questa città non merita avventurieri o incantatori. Non pretende trofei (magari arrivassero!) ma rispetto. È il minimo sindacale. Nulla di più. Alla stampa toccherà il compito di raccontare e vigilare. E noi – pur con tutti i nostri limiti – proveremo a farlo!