Intelligenza e carattere: il Foggia guarda verso l’alto!

I giocatori del Foggia esultano dopo la vittoria contro la Turris (foto: Antonello Forcelli)

Era rabberciato, il Foggia. Ma ha combattuto. Nessuna tentazione di cadere nel vittimismo. Non è da moschettieri. Si difende la corona con la lama, ma soprattutto con l’intelligenza. Ecco la chiave di un percorso inatteso e fruttuoso. L’intelligenza. L’aiuto del “no stress”, certo, è stato decisivo. L’1-3 con il Latina, nella prima della stagione ‘22/23, produsse effetti devastanti. Il 3° posto – almeno – era d’obbligo. Perché così il mercato aveva indicato. Un anno dopo è tutto differente! C’è stato qualche mugugno per lo 0-2 di Taranto, nulla di più. Perché D’Artagnan Cudini non era un mister dal pedigree certificato (come il buon Boscaglia da Gela!). Perché una banda di giovanotti non eccitava una piazza “intorpidita” da una pletora d’improbabili ricorsi a tribunali vari. Perché il club pareva essere colpito dal morbo (esiziale per un animo ambizioso come quello foggiano) del “ridimensionamento” e dell’equilibrio finanziario. Perché si centellinavano illusioni, nemmeno sfogabili tra le mura del tempio. E sì perché lo Zaccheria era mestamente chiuso.

L’intelligenza invece ha cambiato il copione di un temuto anonimato. Nessuna sentenza definitiva, per carità, né tantomeno dell’ingannevole entusiasmo (che può solo nuocere alla causa rossonera). Come si dice da queste parti… “a precessiòne se vède quanne s’arretire”. Alla fine si tireranno le somme. Anche perché, in un torneo indecifrabile come questo, serviranno almeno 10/12 partite per cominciare a pesare veramente le forze in campo. Intanto però siamo chiamati a valutare quanto sinora visto e a giudicare le prestazioni di una squadra diretta per il momento in maniera impeccabile da Mirko Cudini. La sua ultima intuizione è stata l’invenzione di Di Noia come braccetto di difesa per il match con la Turris. Il tecnico si è fidato delle sensazioni. Toglierlo dal cuore della mediana era un rischio. Che il capitano (in attesa dei rientri di Garattoni e Rizzo) ha trasformato in una mossa vincente. 

Il Foggia è pragmatico. Non nel senso di “sparagnino”, ma di scaltro conoscitore di vizi e virtù degli avversari. Ecco ciò che ci ha colpito: la capacità di Peralta e soci di approfittare dei difetti altrui e al contempo di anestetizzarne i pregi. Che è poi la sintesi – appunto – di una squadra intelligente! Il caso ultimo della Turris (bypassiamo il confronto di Coppa Italia per… manifesto disinteresse nella nostra analisi) è esemplificativo: l’attacco esplosivo dei corallini è stato limitato, la difesa rivedibile punita con lucidità. Il coraggio di pensare, di studiare, di azzardare…

E poi c’è il carattere. Il Massimino, con una cornice di pubblico da serie A, avrebbe potuto minare le sicurezze dei più inesperti lanciati nella mischia quando il pulmino degli infortunati si era fatto affollato. E invece l’uno due è giunto proprio con le cosiddette riserve sul terreno di gioco. Contro la Turris, uno Zaccheria ripopolato ha dato una bella mano. Ma la reazione dopo il gol ospite è stata elettrica. Il motto dei moschettieri era “Uno per tutti, tutti per uno”. Così è stato. L’impressione è stata comunque quella che il graffio di Scaccabarozzi abbia liberato la mente e sciolto le gambe dei satanelli. “Drago Dormiens Nunquam Titillandus”, non stuzzicare il Drago che dorme. È il motto di Hogwarts, la scuola di Maghi più famosa del mondo, dove Harry Potter ha costruito la sua leggenda. Ebbene, la puntura corallina ha risvegliato la rabbia della gente di Foggia. La necessità della svolta (il cambio decisivo stavolta è stato quello di Embalo) ha ridato protagonismo a una squadra lineare e organizzata ma evidentemente poco “colchonera” (per chi non lo sapesse, i colchoneros sono i giocatori dell’Atlético Madrid, ai quali il Cholo Simeone ha trasmesso una garra leggendaria). Tutti insieme, tifo in testa, l’hanno ribaltata. Altri tre punti e lo sguardo fisso verso l’alto. Con Cudini che – adesso – si dovrà vestire da “pompiere”. Perché un allenatore capace (Ancelotti docet) è quello che dice una parola di “conforto” nei momenti bui e una di “radicamento dei piedi a terra” quando si vola. Che è esattamente ciò che sta accadendo – con grande stupore di molti, noi compresi – al Foggia di D’Artagnan!