L’ambizione del silenzio e una squadra promettente…

Esiste nel silenzio una così profonda sapienza che lui (il silenzio ndr) si trasforma nella risposta più perfetta”. Fernando Pessoa, eccelso poeta portoghese, ha descritto così l’arte del non parlare. Che non vuol dire assenza di comunicazione ma esercizio di riflessione e a volte di saggezza. Il vuoto cosmico che ha intriso d’ansia l’agosto dei tifosi del Foggia si è incrociato con il “low profile” mantenuto dalla proprietà in un periodo in cui – ahinoi! – hanno di nuovo sproloquiato le carte. In cui i depositari del verbo della speranza sono stati gli avvocati, impegnati a districare la complessa matassa del legalese, un linguaggio per sua natura ineluttabilmente incomprensibile.

Chi vi scrive ha sempre nutrito più fiducia nel verdetto del campo che in quello delle aule giudiziarie, all’interno delle qualil’interpretazione di norme e articoli sovrasta spesso la logica del comune sentire della gente. Che – da parte sua – ha legittimamente (e in qualche caso pure esageratamente!) coltivato sino all’ultimo l’illusione dell’avverarsi di un sogno quasi proibito.

E allora torniamo ai raffinati aforismi di Pessoa. I tentativi ulteriori di sovvertire l’ordine costituito (dal Consiglio di Stato) li lasciamo ai professionisti, il tempo dei tribunali è (con ogniprobabilità!) esaurito. Il rettangolo verde si riprende il palcoscenico. E con lui, l’ambizione del silenzio

Il patron Canonico è tornato ad affacciarsi in sala stampa. La nostra sensazione è che lo abbia fatto in maniera differente, più fredda. Quasi calcolatrice. Senza il “pathos a caldo” che lo ha spesso indotto ad esternazioni quantomeno eccessive. Ha soppesato parole e sguardi. È stato deciso ma misurato. Aveva lasciato parlando di profili d’esperienza e carisma per la panchina, ha ripreso insistendo sull’aggettivo “dignitoso”. Che nel significato letterale si dice di colui che ha il sentimento della propria dignità e agisce in modo da serbare questa intatta. Ebbene il Foggia ha una storia che trasuda dignità… e il gruppoche domenica dovrà affrontare il Taranto allo Iacovone ha le caratteristiche per esserne perlomeno alfiere.

Sia chiaro: mai come quest’anno avventurarsi in pronostici o valutazioni ci pare azzardato. Le variabili sono troppe: gli avversari incontrati in un anomalo tempo di preparazione sono stati impresentabili (la partita con il Catanzaro di Coppa Italia non è spendibile come oggetto di giudizio!), i giocatori sono giunti alla spicciolata, alcuni casi (quelli dei fuori rosa e di Frigerio) hanno rallentato il processo di apprendimento delle nuove metodologie tecniche e tattiche. Ma il “low profile” ci piace. Ci spinge ad ascoltare con curiosità i primi vagiti di una creatura che non parte per “asfaltare” il campionato e per molti nemmeno per essere competitiva. Ma che avrà l’obiettivo di voler dimostrare che con le idee, la fatica e la voglia si può supplire all’altrui presupponenza. Una cosa – peraltro – non dovrà mai mancare alla truppa di Cudini: l’orgoglio. Per mordere il freno dell’insoddisfazione – eventualmente – ci sarà tempo.

Del resto, una fredda analisi ci spinge a dire che la diaspora che noi stessi temevamo non c’è stata. Qualcuno se n’è andato e qualcuno è arrivato, così com’è nelle logiche del mercato. Ma il terremoto che spaventava un ambiente già scosso dalla vicenda Lecco non ha toccato gli alti gradi della scala Mercalli. Anzi, il ritorno in gruppo di Frigerio e Vacca, annunciato dal club, rende la compagine rossonera piuttosto “promettente”. Purché – ovviamente – tutti remino dalla stessa parte. Ecco perché ci sediamo sulle rive del fiume e attendiamo il primo verdetto dallaCittà dei Due Mari. Contiamo sul comandante Mirko, su una compagine in progressivo equilibrio e sul nuovo “volto” del presidente Canonico. Che peraltro in una versione dimessa (e dimissionaria!) – lo confessiamo – noi facciamo davvero fatica a vederlo