“Il tempo è un’illusione”, ragionava Albert Einstein. E sicuramente è anche un concetto relativo. Perché ogni attimo perduto può diventare l’eternità di un sogno infranto. Il Foggia è imprigionato in un tempo, quello attuale, muto come il grido di malessere della sua gente. Il tempo sta scorrendo via. Si sta ingabbiando in una coltre oscura d’invisibilità. Jean-Paul Sartre, uno degli intellettuali più noti del XX secolo, scriveva: “Ogni parola ha conseguenze. Ogni silenzio anche.” E di silenzi è pieno l’universo che governa il Foggia. Quello più assordante echeggia nelle segrete stanze di via Gioberti. Il rigore sbagliato da Peralta contro il Potenza ha certificato l’onnipotenza dei segnali. Continuare a tacere significa essere complici di un destino beffardo.
Il Foggia ha bisogno di aiuto. E oggi, più che mai, pure di parole prepotenti. Che siano rassicuranti o detonanti. L’importante è che si rompa la catena perversa dell’attesa. Cudini è il tecnico del Foggia scelto in estate dalla proprietà (e non dalla piazza!). Va difeso o sostituito. Non c’è una “via di mezzo”. L’immobilismo dialettico è deleterio in questo particolare periodo storico. Un fine conoscitore delle vicende umane come Lucio Seneca asseriva che “(…) la cosa più grande è sapere quando parlare e quando stare zitti.” Ecco la squadra rossonera – in questo momento – ha bisogno di una voce ferma, decisa. Autorevole! La proprietà è in fase di riflessione? Legittimo ma pericoloso. Perché il tempo fugge. E con esso quell’alchimia magica che rende il Foggia un’idea di passione assolutamente irriproducibile.
Se si crede ancora in Cudini, allora si deve scendere in campo, violare la sacralità dello spogliatoio e “urlarlo” a giocatori e ambiente, cercando – ovviamente – di comprendere i reali rapporti tra l’allenatore e il gruppo. Occorre in sostanza abbandonare la postura vagamente “zen” assunta sinora per prendere di petto la situazione. Il Panta rei, il «tutto scorre», magari aspettando sulla riva del fiume, non funziona più.
Se invece la fiducia riposta nell’allenatore è venuta meno, allora urge un’inversione di rotta immediata. Nessun patteggiamento. Nessuna dilazione in nome di condizioni economiche “di favore” (leggasi risoluzione di contratto o formule similari). Anche perché la sosta si avvicina e con essa il mercato. La rosa va potenziata (perché – evidentemente – non tutte le colpe dell’involuzione dei satanelli sono di Cudini!) tenendo conto del fatto che alcune scelte agostane (e non parliamo solo di calciatori arrivati, ma pure – e forse soprattutto – di quelli rimasti) si sono rivelate improduttive quando non fallimentari. Le prestazioni e le assenze (“periodiche”, per utilizzare un termine aritmetico inteso come ripetizione costante di un evento!) sono sotto gli occhi di tutti. Intervenire sarà dunque vitale per ridare linfa a un progetto che sia anche minimamente ambizioso. E farlo con il beneplacito del tecnico (chiunque esso sia) sarà fondamentale.
Dunque serve assumere una posizione chiara e agire di conseguenza. “Ieri è andato. Domani non è ancora arrivato. Abbiamo solo oggi. Cominciamo!”, diceva Madre Teresa di Calcutta. Lungi da noi voler mischiare il sacro con il profano (che pure per Pasolini si fondevano proprio nel football), ma il tempo dell’azione è oramai improcrastinabile. Il rumore del silenzio è diventato insopportabile. Aspettiamo comunicazioni. Il patron Canonico dovrà battere un colpo. Sempre che ne abbia ancora voglia e non stia preparando – al contrario – la sua personalissima “exit strategy” dal club.