Gli applusi scroscianti sotto una pioggia debole ma fitta. Il Foggia da poco, da qualche secondo, si era arreso al maligno diagonale di un certo Zecchin, ma per quel migliaio di anime nulla era compromesso, tutt´altro. Hanno avuto la maturità di saper accettare una sconfitta che infastidisce per il modo piuttosto fortuito col quale è arrivata. Ai seicento e passa kilometri percorsi per poi tornare a casa con un pugno di mosche e la sciarpa inzuppata d´acqua, nessuno ci ha pensato. Una lezione di tifo, di attaccamento alla propria squadra in un uggioso pomeriggio padano, impregnato di pioggia e di rabbia per un autobus che tardava a passare. Un´altra trasferta da ricordare, da incorniciare e non solo per chi ha raggiunto il Veneto dalla Capitanata. Incontrare gente in maglia rossonera all´ora di pranzo in una semideserta stazione di Bologna ha fatto un certo effetto. “Ci vediamo a Padova” dicevano, mentre l´Intercity per Venezia solcava il binario otto. E poi lo stadio Euganeo, bello, ma troppo vuoto. “A giocare in trasferta siete voi….” cantavano da quella curva che iniziava a colorarsi di rosso e nero. Fa effetto sentire una domanda di un giornalista in impermeabile, che con voce bassa ed accento locale, ci chiede: “Ma sono sempre così le vostre trasferte…? Sempre tutta questa gente segue la squadra”….Risposta secca…”Sempre e comunque….”. L´arbitro fischia, il Foggia c´è. Poi arriva la doccia fredda che fa esplodere la tribuna biancoscudata, segue l´attesa per un gol che non arriverà. Un sussulto quando Oliveira sfiora il bersaglio grosso, poi, come detto, il fischio finale che fa perdere ogni speranza. Non la voglia di applaudire e di urlare “forza Foggia”, ancora, mentre lo stadio inizia a svuotarsi. Ha quasi smesso di piovere, quella nebbiolina fastidiosa si sta diradando; ci si può concedere un ritorno meno problematico. Almeno questo, per quei ragazzi giunti d tutta Italia e innamorati del Foggia. Tutti verso il treno, l´autobus, la macchina. Tutti con la sciarpa, inzuppata d´acqua, rigorosamente rossonera…